Il cipresso centenario di San Francesco a Villa Verucchio
Il Convento francescano a Villa Verucchio, viene fatto risalire alla data della morte di San Francesco, il 1226, ed è considerato il più antico edificio francescano della Romagna.
Pubblicato il: 06-08-2020
Si narra che San Francesco durante il viaggio in provincia di Rimini nel XIII secolo, abbia piantato nel terreno il “bordone” che lo sorreggeva durante il viaggio, questo bastone attecchì in forma miracolosa dando vita a un cipresso che sarebbe rimasto nella storia.
Un albero che ha affrontato non solo gli eventi atmosferici, ma anche situazioni pericolose per la sua vita create dagli uomini, in particolare nel periodo napoleonico del 1800, l’esercito entrato nel convento ricevette ordine di abbattimento dell’albero e mentre tentavano di bruciarlo, arrivò un messaggero con un contrordine di non abbatterlo più. Inoltre, durante l’ultima guerra mondiale i tedeschi ne bruciarono una parte per scaldarsi e nel 1980 la cima principale, alta 10 metri in più, crollò a causa delle intemperie.
Secondo i frati francescani questo albero che emoziona chiunque per la sua bellezza e maestosità, è il simbolo dell’idea che Dio è un sostegno forte come lo era il bastone che sosteneva San Francesco.
Il cipresso indebolito dall'età e dai vari tentativi di incendio ricevuti, si regge in piedi grazie ad alcune protesi metalliche un po' arrugginite, ma rispetto ad altri suoi simili molto più giovani sembra godere di buona salute. E’stato oggetto di studi scientifici che hanno voluto far luce sul segreto di lunga vita di questa pianta.
Questo monumentale cipresso piantato nel 1213, secondo la tradizione da San Francesco, si può ammirare oggi nel chiostro del convento come un colossale monumento vegetale alto 25 metri che ha "visto" scorrere intorno a sé 800 anni di storia. Chissà quante cose avrebbe da raccontare...
Nel vederlo si rimane affascinati e meravigliati. È una delle testimonianze arboree delle virtù di resistenza della natura. Un'altra meraviglia del Creato.
A cura di: Annamaria De Pasquale, Masteri in Valorizzazione Turistica e Gestione del Patrimonio Culturale, Univeristà di Bologna